L’investigazione al tempo del coronavirus: lo smart working Aprile 2024


Lo smart working, o lavoro agile, è una modalità di lavoro innovativa definita dall’ordinamento italiano come: 

“una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa.”

Ad oggi, a causa delle limitazioni imposte e al fine di arginare il dilagare del Corononavirus, tutto il lavoro viene svolto dalle abitazioni dei dipendenti. Viene spontaneo domandarsi se il nostro Paese fosse pronto ad un’impronta così totalizzante dello smart working, il rischio potrebbe infatti essere quello di ridurre le capacità lavorative dei dipendenti, nonché accentuare la sensazione di isolamento sociale rendendo sempre più difficile a un soggetto separare la vita lavorativa da quella privata.

Dunque la domanda sorge spontanea: quali strumenti ha un datore di lavoro per assicurarsi che i dipendenti svolgano correttamente gli incarichi che gli sono stati assegnati? Quale tutela viene garantita? Come assicurare al datore di lavoro un controllo sui dipendenti?

Molte aziende utilizzano chat aziendali e strumenti come le conference call per avere un resoconto e un riscontro del lavoro svolto dai dipendenti. Ad esempio è frequente l’uso dei programmi Skype o Zoom che permettono di capire se un dipendente è operativo oppure inattivo sul proprio PC o ancora quasi tutte le aziende organizzano a inizio e a fine turno dei briefing al fine di suddividere gli obiettivi e verificare successivamente che questi siano stati portati a termine.

Se è vero che alla base di ogni contratto lavorativo deve sussistere un rapporto di fiducia tra datore di lavoro e lavoratore è altresì da comprendere la necessità dell’azienda di effettuare dei controlli sull’operato dei dipendenti e sulla produttività aziendale, soprattutto in un momento in cui l’intera compagine svolge il suo lavoro da remoto. 

Come potrebbe dunque intervenire l’azienda? A parere di chi scrive il datore di lavoro non dovrebbe “abbassare la guardia” circa l’operato dei dipendenti facendo attenzione però a non risultare eccessivamente diffidente o maniacale nei controlli. Un buon metodo potrebbe essere quello di ricorrere a discorsi e tecniche motivazionali nonché incentivare bonus dedicati a determinati risultati.

smart working

Altresì le limitazioni previste in questo periodo potrebbero essere utili al datore di lavoro per analizzare meglio il suo team e acquisire consapevolezza circa i soggetti meno meritevoli.

Nel caso in cui, una volta allentate le restrizioni dovute all’emergenza Coronavirus, i sospetti dovessero persistere, Reserv Investigazioni offre al datore di lavoro un utile supporto per condurre un’indagine volta a confermare o smentire tali incertezze e perplessità.

Il nostro Istituto svolge infatti attività di pedinamento, appostamento e raccolta di informazioni allo scopo di indagare sulla fedeltà dei dipendenti e sulla loro lealtà nei confronti dell’azienda. Reserv Investigazioni supporta il datore di lavoro nell’affrontare specifiche problematiche inerenti ai lavoratori, come l’assenteismo dal lavoro, l’uso scorretto dei permessi di malattia e di quelli garantiti ex lege 104, violazione del patto di non concorrenza, furto in azienda, infedeltà professionale, concorrenza sleale, abuso di bonus spese non meritevoli etc.

Visita la nostra pagina dedicata alla DIVISIONE INVESTIGAZIONI AZIENDALI.

Tuttavia, si deve sottolineare come le disposizioni vigenti non permettono l’utilizzo di sistemi di controllo a distanza al fine di controllare la qualità dell’attività lavorativa del dipendente, soprattutto se questo si trovi tra le mura di casa. In azienda, il ricorso a questi apparecchi può essere consentito solo in caso di accordo sindacale o di autorizzazione dall’Ispettorato territoriale del lavoro. Inoltre sono vietati software aziendali di verifica della navigazione in internet, webcam e altre tecnologie per capire se il lavoratore è collegato al pc o se è impiegato in altre attività.

Il Jobs Act (Dlgs n. 151/2015) consente però il controllo mirato su smartphone e pc aziendali. In altre parole, qualora il datore di lavoro avesse il sospetto che il dipendente stia commettendo degli illeciti, può svolgere controlli mirati sui beni aziendali sui quali il lavoratore non deve nutrire aspettative di privacy anche in considerazione del fatto che tali strumenti non possono essere utilizzati per fini personali.

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